Tribunale di Genova 9 novembre 2021
Il Collegio ritiene allora che, nel caso di specie, sia fondato il rischio attuale che la ricorrente, unitamente al figlio minore, venga sottoposta a trattamenti inumani e degradanti in Romania, dovendosi pertanto ritenere impossibile il suo trasferimento.
Infatti, sebbene gli ultimi rapporti di ECRI e di AIDA relativi alla Romania (reperibili sul sito web del Consiglio d’Europa e su quello di ECRE; Romania | European Council on Refugees and Exiles https://asylumineurope.org;) emergano valutazioni parzialmente positive sugli sforzi fatti dal governo con particolare riguardo alla formazione degli addetti (polizia, giudici, avvocati), alle procedure, al sistema di accoglienza, va detto che le valutazioni risultano positive solo in parte e, soprattutto, solo “in diritto”, non anche “in fatto”. L’ AIDA indica che nel 2020 il numero delle persone che sono arrivate in Romania e hanno richiesto lo status di protezione è aumentato del 238% rispetto al 2019. Oltre all’incremento della violenza e dei respingimenti, in Romania si affronta anche il problema del sovraffollamento dei centri di accoglienza. L’aumento del numero di persone è diventato un problema reale in questi centri, che hanno una capacità totale di 1.100 persone. I sei centri del Paese, situati a Timisoara, Şomcuta Mare, Rădăuţi, Galaţi, Bucarest e Giurgiu, attualmente non possono accettare tutte le persone che necessitano di un alloggio.
Le circostanze riportate - da ritenersi notorie in quanto facilmente consultabili sui siti internet istituzionali di A.I., dell’HUNCR, dell’ HRW e dell’AIDA - in assenza di documentazione di segno contrario da parte convenuta, sono sufficienti per ritenere fondato il rischio che il provvedimento impugnato esponga la ricorrente, ed il figlio minore, alla possibilità di subire trattamenti in contrasto con i principi umanitari e con l’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E..
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