Tribunale di Genova, 1 settembre 2017
L'importanza dell'audizione del ricorrente che deve essere considerato credibile anche quando il racconto reso in Commissione Territoriale è "generico". La scarsa scolarizzazione ed i traumi subiti ben giustificano deficit di memoria.
Deve essere riconosciuta la tutela umanitaria al richiedente "vulnerabile" e perfettamente integrato. Di seguito le motivazioni
"le critiche formulate dalla Commissione per quanto concerne una certa genericità del racconto del richiedente protezione non tengono in adeguata considerazione il modestissimo livello di istruzione del predetto (praticamente analfabeta, il quale ha ricevuto una prima istruzione “elementare” soltanto nel nostro paese). In proposito, esistono noti studi internazionali che hanno approfondito le relazioni tra analfabetismo e capacità cognitive e mnemoniche. In pratica chi non è capace di leggere e di scrivere accusa una sensibile diminuzione della facoltà di comprendere la realtà circostante, nonché un deficit nell'abilità di ordinare le informazioni apprese esponendole in modo logico e coerente. Del resto è notorio che, nei soggetti analfabeti, i processi di memorizzazione e apprendimento risultano gravemente compromessi. La difesa del ricorrente ha poi speso interessanti considerazioni (si v. pagg. 3 e 4 del ricorso) sulle difficoltà che i profughi affrontano nell'esporre alle autorità il proprio vissuto e le proprie esperienze, e ciò a causa degli effetti derivanti dal c.d. stress post-traumatico collegato ai drammatici eventi da essi vissuti (in patria o durante il lungo viaggio che li ha portati in Europa). Ora, se si tiene conto di tali non contestabili osservazioni, si può forse comprendere per quale motivo il ricorrente, pur provenendo dalla regione del Casamance (caratterizzata da un prolungato conflitto tra le forze governative e i ribelli del movimento indipendentista denominato M.F.D.C., sul quale si tornerà nel prosieguo della motivazione), non abbia (almeno inizialmente) speso parole per descrivere tale situazione. In altre parole, vi é motivo di ritenere che i limiti culturali e di istruzione del ricorrente abbiano “giocato” un ruolo rilevante nel limitato resoconto da lui fornito, fermo restando che non risulta esservi stata alcuna domanda, da parte di chi lo interpellava, volta a meglio esplorare determinate circostanze (...) Alla luce dei principi che sono stati in precedenza esposti, non apparendo il ricorrente in grado di offrire piena prova dei pericoli riguardanti la sua zona di provenienza, è compito del giudice svolgere un ruolo attivo nell'istruzione della domanda, disancorata dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario. Va premesso che il Casamance (definito “il granaio” del Senegal) è una regione storica del sud del paese, collocata tra Guinea e Gambia, ricca di tek e di riso, e che una parte consistente dei suoi abitanti da molto tempo hanno sempre avanzato richieste di autonomia, sempre negate dal Governo di Dakar. La situazione è degenerata, trasformandosi in conflitto, quando la terra è stata espropriata all'etnia locale dei Diola, di culto animista, affidando ad una minoranza musulmana del nord del paese la gestione dei campi da coltivare e lo sviluppo delle infrastrutture turistiche. Conseguentemente, dal 1982, il Movimento Democratico del Casamance (nato nel 1947 per la conquista dell'indipendenza della nazione in danno dei francesi) si è trasformato in M.F.D.C. Sotto la guida del suo leader più carismatico, Diamacoune Senghor, tale movimento ha dato origine ad un conflitto separatista che da decenni logora il paese. Anche se nel 2005 è stato siglato un accordo di pace, esso non ha avuto risultati positivi. Successivamente le negoziazioni di pace si sono ulteriormente complicate a causa della frammentazione del Movimento successiva alla morte del citato leader. Dopo un periodo di stabilità, le tensioni latenti hanno ripreso forma con il riacutizzarsi degli scontri tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011. Vero è che da circa due anni a questa parte risulta essere in corso una sorta di tregua tra i movimenti indipendentisti e lo Stato (frutto della politica del nuovo Presidente senegalese Macky Sall), motivo per cui appare corretto parlare di attenuazione del conflitto, anche se, consultando il sito “Viaggiare Sicuri” del nostro Ministero degli Esteri, si ricavano notizie tutt'altro che rassicuranti circa la situazione in Casamance (sia pur nell'ottica del viaggiatore occidentale). (...) E, tuttavia, anche nel caso di specie (così come in quello preso in considerazione nella citata pronuncia di questo Tribunale), si è in presenza di una situazione meritevole di tutela umanitaria atteso che, comunque, il quadro di riferimento socio-politico nella zona del Casamance é tutt'ora grave, con la conseguenza che, ove il ricorrente fosse costretto a fare rientro in Senegal, egli si troverebbe in una condizione di “specifica estrema vulnerabilità” (nel senso precisato dalla Suprema Corte nella sentenza n. 3347/2015), idonea a pregiudicare la possibilità di esercitare i diritti fondamentali. Per completezza va detto che, in caso di rientro in patria, il ricorrente si troverebbe in una situazione di oggettiva vulnerabilità sotto il profilo fisico, essendo egli affetto da tubercolosi polmonare e da epatopatia (patologia quest'ultima per cui, pur non essendo egli soggetto a terapie, sono previste a lungo nel tempo visite di controllo ed esami ematochimici. Infine, neppure può essere trascurato l'ottimo inserimento sociale e lavorativo, ampiamente documentato dalla sua capacità di esprimersi nella nostra lingua e dall'ampia documentazione di cui si è dato atto nella parte iniziale del presente provvedimento"