Tribunale di Genova, ordinanza del 30/10/2017
"Ritiene anzitutto il Tribunale che il racconto del ricorrente sia nel suo complesso plausibile, anche se non riscontrabile: al ricorrente deve quindi, quanto meno, essere riconosciuto il beneficio del dubbio in ordine alla vicenda personale narrata.
Tale vicenda personale deve invero essere collocata all’interno del contesto politico/sociale del Bangladesh e risulta coerente con le evidenze documentali in merito alla persecuzione religiosa in danno degli Indù in Bangladesh.
Dalla documentazione prodotta dal ricorrente come all. 4 e da quella esaminata d’ufficio da questo giudice si evince infatti che, poiché nel 2014 in India, a seguito della vittoria ottenuta dal BJP, partito di riferimento della comunità induista, si verificarono numerosi attacchi in danno della popolazione musulmana, in Bangladesh, paese a maggioranza musulmana e confinante con l’India, si scatenò una violenta rappresaglia in danno della minoranza indù, presa di mira soprattutto dalle frange fondamentaliste islamiche, con templi indù quotidianamente profanati, negozi e case saccheggiate. Vi sono state anche molte segnalazioni di persone di fede induista sfrattate arbitrariamente dalle loro proprietà e di ragazze indù vittime di violenza sessuale. Molti indù si son trovati costretti a lasciare il paese ed a recarsi per lo più in India.
La Comunità indù in Bangladesh è per questo oggi inferiore al 10% della popolazione. Le fonti consultate concordano nell’evidenzare che sin dall’indipendenza del Paese nessun governo ha saputo garantire la sicurezza degli indù.
Ciò premesso ritiene il Tribunale che ricorrono nel caso di specie gli estremi per il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi dell'art. 2 comma 1 lett. e) D.l.vo 251/07: i fatti esposti dal ricorrente integrano infatti il rischio di persecuzione diretta per motivi di religione."