Il diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio

Tribunale di Genova, 27 dicembre 2017

Sussistono, invece, ragioni di carattere umanitario, tali da consentire il riconoscimento di tale forma di protezione. Ed invero il ricorrente ha documentato la propria assunzione (....) gestisce banco ortofrutticolo, con mansioni di commesso, con contratto a tempo indeterminato. Si deve allora rilevare che secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, i presupposti della concessione della più tenue protezione umanitaria possono fondarsi anche su condizioni temporali limitate o circoscritte, anche riferibili alla speranza di una rapida evoluzione in melius della posizione personale del richiedente, suscettibile di un mutamento che faccia venir meno le ragioni della tutela (Cass. ord. 23 maggio 2013, n. 12751; Cass., ord. 21 novembre 2011, n. 24544). La prospettiva, concreta e documentata, che il ricorrente possa a breve richiedere un permesso per motivi di lavoro giustificano pertanto il riconoscimento della protezione umanitaria.

Nel caso in esame, ritiene poi il tribunale di dover considerare anche i principi sanciti dall’art. 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 che prevede al primo comma il diritto di ogni persona “alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato” ed al secondo il “diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio”. Pare evidente che tali norme, pur se si ritenga che non abbiano carattere cogente e che possano comunque essere derogate da norme interne, devono essere tenute in debito conto nella interpretazione delle disposizioni normative, ed in particolare di quelle che poggiano su clausole generali quali i “seri motivi di carattere umanitario” che possono impedire il rientro nel proprio Paese.

E così, nell’ambito della citata – seppur regolamentata - libertà di movimento e di emigrazione, dovrà ritenersi rientrante nei “seri motivi” una situazione del Paese di provenienza che impedisca o non tuteli adeguatamente l’esercizio dei diritti fondamentali. Quanto ai fattori soggettivi di vulnerabilità, occorre allora considerare: - che il richiedente è arrivato in Libia, dove verosimilmente si sarebbe fermato se le condizioni di tale Paese fossero state diverse; ha trovato un lavoro, che ha lasciato a causa di un sequestro subito nel rientrare dal lavoro ed a causa della situazione di pericolosità legata alla guerra. In merito alla situazione della Libia, deve precisarsi che sussiste in tale Paese, sin dal 2011, una situazione di “violenza indiscriminata” derivante da conflitto armato, dato che le rivolte insorte in Libia, dopo la caduta del regime del colonello Gheddafi, si sono subito trasformate in un conflitto armato, tuttora perdurante, che vede scontrarsi le milizie, i molteplici gruppi armati di matrice islamica presenti nel Paese e le bande criminali che operano soprattutto nelle zone di transito.

In relazione ai fattori oggettivi di vulnerabilità, assume rilevanza la situazione di violazione dei diritti nel Bangladesh, confermata dall’ultimo report di Amnesty International 2016/2017, si è detto sopra. Deve pertanto essere dichiarato il diritto del ricorrente al permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, co. 6 d. lgs. n. 286/1998, con conseguente trasmissione degli atti al competente Questore per il relativo rilascio.

 

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