Tribunale di Genova, ord. 25 gennaio 2018
"Sia dalla lettura del verbale di audizione, sia soprattutto dall’esame diretto del richiedente, emerge la percezione di una persona assai confusa che è stata sottoposta ad eventi traumatici e che appare ancora traumatizzata.
Indipendentemente dall’episodio dell’attentato, già la perdita dei genitori nella primissima infanzia, e poi della madre adottiva, sembrano rappresentare un aspetto fondamentale di fragilità, aggravatasi con le esperienze successive di degrado e violenza (ad esempio la circostanza di trovarsi a sopravvivere, ferito, in una discarica; o quella di essere, dopo la fuga da Maiduguri, ridotto in schiavitù -“sono stato come prigioniero…ogni tanto mi minacciava e mi diceva di lavorare”); esperienze di cui non si ha motivo di dubitare, anche in considerazione del carattere vivo e personale del racconto (“nella discarica sono rimasto…mangiando frutta rovinata. Mi sono ammalato. Per causa di quello che mangiavo: vomitavo sangue. Anche quando facevo la pipì vedevo sangue”). Questa fragilità è confermata dalla diagnosi di stato ansioso-depressivo, per il quale il richiedente è attualmente in terapia.
E’ un ragazzo debole e introverso, che ha perso per due volte l’unico riferimento genitoriale, quello che giunge a 14 anni a Maiduguri, ed è possibile che la sua vita si sia svolta in un ambito molto ristretto, che non gli consente di conoscere la città: aiuta in negozio e nelle faccende di casa la famiglia dello zio adottivo; cucina e prepara il cibo da portare in negozio; in seguito lavora come falegname in una bottega dove il capo, così già la famiglia adottiva, è originario dell’Edo State e di lingua auchi, con la quale comunica con lui (“non avevo rapporti con i clienti, solo saluti; io parlavo con il mio capo”).
Malgrado ciò, alla domanda in Commissione di tradurre 5 parole in lingua Hausa, dialetto di Maiduguri, il richiedente ne sa tradurre 4 e dimostra di conoscerne quindi le basi, supportando la veridicità della propria effettiva provenienza dal Borno State. Considerato il profilo del richiedente che si è sopra delineato (ragazzo analfabeta, poco comunicativo, colpito da plurime esperienze traumatiche, affetto da sindrome ansioso-depressiva) appare infatti francamente poco plausibile che egli possa essersi in qualche modo “preparato” per l’audizione, sapendo tradurre 4 delle 5 parole in hausa scelte a caso dall’intervistatore; e tale sua conoscenza non può quindi che derivare dal fatto di avere vissuto nella zona di Maiduguri. (....)
Osserva in merito il Tribunale che gli studi in materia hanno accertato che l’emersione dei traumi, delle violenze, delle torture è un percorso spesso assai difficile: ricordare è anche riaprire ferite e far esplodere una sofferenza psicologica rimasta latente. E così, frequentemente, la vittima non può raccontare le proprie vicende (o non può raccontarle in maniera coerente, cronologica e lineare) perché non lo sa fare, perché non può ancora scindersi in qualcuno capace di osservare il passato e in qualcuno che quel passato lo ha vissuto. Si parla a questo proposito di “disturbi della memoria narrativa”."
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