Tribunale di Genova, ord. 12 febbraio 2018
"Si ritiene che meriti invece accoglimento la domanda del ricorrente di concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, considerata da un lato l’attuale difficile situazione socio politica del Bangladesh, che, pur non integrando, nella zona di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto interno od internazionale e non sussistendo quindi i presupposti applicativi dell’art. 14, lettera c) del decreto legislativo 2007 n. 251 come sopra definiti, resta tuttavia assai delicata e, dall’altro, il fatto che l’interessato abbia lasciato il suo paese addirittura da bambino, abbia trascorso un drammatico periodo in Libia, sia giunto in Italia ancora molto giovane e non abbia alcun anche minimo valido punto di sostegno familiare e sociale nel suo paese di origine, trovandosi indubbiamente in una oggettiva situazione di grave “vulnerabilità”.
Il recente rapporto di Amnesty International sul Bangladesh 2015/2016 evidenzia una situazione politica molto critica, gravi problemi di ordine pubblico, forti limitazioni delle libertà fondamentali, violenze perpetrate nei confronti delle persone più deboli ed indifese, risultando in particolare violenti scontri tra i sostenitori dei due partiti politici che da decenni si contendono il potere. A ciò si sono aggiunti gli attacchi terroristici degli estremisti islamici. In tale rapporto di Amnesty International il contesto generale viene così descritto: “Tra gennaio e marzo, una campagna dell’opposizione al governo guidata dal Partito nazionalista del Bangladesh (Bangladesh Nationalist Party – Bnp) è sfociata nella violenza, quando centinaia di autobus e altri veicoli sono stati attaccati, presumibilmente da manifestanti che hanno lanciato bombe molotov. Decine di passeggeri sono stati uccisi e molti altri feriti. Nessuno direttamente coinvolto negli attacchi è stato assicurato alla giustizia. La polizia ha arrestato importanti esponenti del Bnp con l’accusa di incendio doloso. Tra loro c’era Mirza Fakhrul Islam Alamgir, segretario generale ad interim del partito che, nel corso dell’anno, è stato spesso arrestato per periodi variabili di settimane o mesi, per poi essere rilasciato. Centinaia di membri dell’opposizione sono stati detenuti per giorni o mesi e inseguito rilasciati. Alcuni sono stati accusati di incendio doloso. Diversi cittadini stranieri sono stati presi di mira e aggrediti da assalitori non identificati. Tra il 28 settembre e il 18 novembre, un operatore umanitario italiano e un cittadino giapponese sono stati uccisi; un medico italiano è sopravvissuto a una sparatoria. A luglio, un ragazzo di 13 anni, Samiul Islam Rajon, è stato picchiato a morte in pubblico dopo essere stato accusato di furto; la sua uccisione ha scatenato forti critiche da parte dell’opinione pubblica per lo stato di abbandono in cui vivono i bambini di strada. Poco dopo il governo ha ordinato un’inchiesta sull’uccisione. A fine anno, almeno 16 persone accusate di gravi violazioni dei diritti umani di massa commesse durante la guerra d’indipendenza del 1971 erano sotto processo. Le autorità non si sono occupate di omicidi ben documentati commessi dalle forze filo-indipendentiste. Membri delle forze di sicurezza in borghese hanno arrestato decine di persone e in seguito si sono rifiutati di rivelare dove si trovassero. Secondo un’indagine dei quotidiani nazionali, guidata dall’organizzazione per i diritti umani Ain O Salish Kendra, tra gennaio e settembre almeno 43 persone, tra cui due donne, erano state vittime di sparizione forzata. Sei di loro sono state in seguito trovate morte, quattro sono state liberate dopo il rapimento e cinque sono state trovate in custodia di polizia. La sorte e l’ubicazione delle altre 28 persone era sconosciuta. Sono proseguiti i processi contro tre ufficiali del battaglione d’intervento rapido, accusati del rapimento e dell’uccisione di sette persone nell’aprile 2014. Nessun altro esponente delle forze di sicurezza o altro funzionario implicati in altri casi di sparizioni forzate sono stati assicurati alla giustizia. Sebbene la tortura e altri maltrattamenti in custodia di polizia siano stati molto diffusi, le denunce di tortura raramente sono state oggetto d’indagine. A marzo, alti funzionari di polizia si sono pubblicamente lamentati per le tutele che la legge prevede contro la tortura, chiedendo al governo di depenalizzare la tortura in tempo di guerra, minaccia di guerra, instabilità politica interna o emergenza pubblica o quando la tortura è ordinata da un superiore o da un’autorità pubblica.” Pur valutando questi dati allarmanti, si ritiene, come detto, che non ricorrano le condizioni per affermare che nel Bangladesh vi sia un elevato livello di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Peraltro la grave situazione generale del paese di provenienza del ricorrente documentata in atti (la giurisprudenza di legittimità- Cass. Pen. 32685/2010- e la Corte Europea dei diritti dell’Uomo -CEDU 28.2.2008 ric. n. 37201 Saadi c. Italia- hanno attribuito pieno valore probatorio ai documenti e rapporti elaborati anche da organizzazioni non governative, quali Amnesty International e Human Rights Watch, la cui affidabilità è generalmente riconosciuta sul piano internazionale), consente, si ribadisce, di accogliere il ricorso con riferimento alla domanda di protezione più attenuata, diretta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. A tal proposito, si ritiene di condividere l’ordinanza resa dal Tribunale di Napoli in data 12.1.2015 con la quale è stato deciso che ha diritto alla protezione umanitaria ex art.5 co.6 TUI, il cittadino straniero proveniente dal Bangladesh attesa la situazione di violenza ed instabilità diffusa nel paese. Infatti nella previsione di tale norma possono esservi ricondotte situazioni soggettive come i bisogni di protezione a causa di particolari condizioni di vulnerabilità dei soggetti, quali ad esempio motivi di salute o di età, ma anche oggettive (cioè relative al paese di provenienza) e quindi una grave instabilità politica, episodi di violenza o insufficiente rispetto dei diritti umani, carestie, disastri naturali o ambientali o altre situazioni similari.
D’altra parte il ricorrente ha dimostrato di aver intrapreso in Italia un significativo percorso di integrazione sociale. Egli infatti, come emerge dai documenti prodotti, ha collaborato attivamente alle occasioni di reinserimento a lui offerte dagli enti locali e dalle associazioni del volontariato, impegnandosi fin da subito in corsi scolastici, di formazione professionale ed in progetti di inserimento lavorativo ed attualmente continuando a lavorare regolarmente.
Si ritiene dunque sussistente una situazione meritevole di tutela umanitaria e, conseguentemente, il provvedimento impugnato della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Genova, deve essere annullato in tale parte e deve essere ordinata – ex art. 32 comma 3 del d. lgs. 2008/25 - la trasmissione degli atti al Questore per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, comma 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286."
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