"Sussistono fattori oggettivi di vulnerabilità (in relazione alla violazione dei diritti umani in Nigeria) e quelli soggettivi (in relazione all'ottimo percorso di integrazione, alla giovane età e alle sofferenze patite in Libia) per concedere la protezio

Tribunale di Genova, ord. 7 marzo 2018

"La situazione del ricorrente, così come ricostruita, permette, tuttavia, il riconoscimento del diritto alla protezione per motivi umanitari.


Dalla narrazione del vissuto – giovanissima età, pressioni della comunità dei fedeli in assenza di adeguata sicurezza dello Stato e successive vicende violente in Libia – dalla disamina di quanto documentato in udienza – frequenza della scuola, apprendimento della lingua, impegno e lavoro nella comunità, frequenza del gruppo della chiesa apostolica con partecipazione a riunioni e al gruppo musicale – emergono elementi per ritenere sussistente in capo al ricorrente una situazione di vulnerabilità effettiva qualificata, considerata la particolarmente giovane età essendo partito ancora minorenne.
Come è noto le situazioni di vulnerabilità che possono dar luogo alla richiesta di rilascio di un permesso per motivi umanitari costituiscono un catalogo aperto (Cass., 27 novembre 2013, n. 26566), che può comprendere situazioni soggettive, quali per esempio motivi di salute, di età, familiari, ma anche situazioni oggettive (cioè relative al paese di provenienza), quali una grave instabilità politica, episodi di violenza o insufficiente rispetto dei diritti umani, carestie, disastri naturali o ambientali o altre situazioni similari. L’art. 5 comma 6 d.lgs. 286/98 infatti non definisce i “seri” motivi di carattere umanitario che possono impedire il rientro del richiedente nel suo paese di origine e che gli stessi vengono generalmente ricondotti a significativi fattori soggettivi di vulnerabilità (ad es. particolari motivi di salute o ragioni di età) ovvero a fattori oggettivi di vulnerabilità, che possono essere legati a guerre civili, a rivolgimenti violenti di regime, a catastrofi naturali, a rischi di tortura o di trattamenti degradanti ed altre gravi e reiterate violazioni dei diritti umani, a traumi subiti in patria o durante il viaggio, di cui egli risenta le conseguenze.
Ed allora. Si rinvengono profili di vulnerabilità soggettiva nella particolarmente giovane età, nell’essere partito ancora minorenne ed aver intrapreso un serio percorso di integrazione sociale frequentando la scuola e la comunità religiosa con soddisfazione personale, unitamente al tempo trascorso dalla partenza dalla Nigeria. Inoltre il ricorrente è arrivato in Libia, dove verosimilmente si sarebbe fermato se la situazione fosse stata diversa; qui invece è stato trattenuto per oltre un anno in semi schiavitù, picchiato e maltrattato quotidianamente e qui ha assistito alla brutale uccisione dell’uomo che lo aveva protetto ed aiutato fino a quel momento. Invero sussiste in tale Paese, sin dal 2011, una situazione di “violenza indiscriminata” derivante da conflitto armato, dato che le rivolte insorte in Libia, dopo la caduta del regime del colonello Gheddafi, si sono subito trasformate in un conflitto armato, tuttora perdurante, che vede scontrarsi le milizie, i molteplici gruppi armati di matrice islamica presenti nel Paese e le bande criminali che operano soprattutto nelle zone di transito. Da ultimo appare emblematico il recente sequestro ed efferato omicidio del sindaco di Misurata. Quanto al trattamento violento subito dagli stranieri in transito dalla Libia, in particolare provenienti dall’Africa Subsahariana, la notizia trova un’ulteriore recente conferma nella dichiarazioni rese dal Procuratore della Corte Penale Internazionale all'ONU dell’8/5/2017, secondo cui la Corte penale ha l’intenzione di aprire un’inchiesta ufficiale sulle violenze subite dai migranti in Libia, in quanto sono pervenute da fonti diverse testimonianze di migranti sfruttati, schiavizzati, picchiati o molestati sessualmente (Cfr.: Rapporto 2016/2017 di Amnesty International ove fra l’altro si legge : “Sia le forze affiliate ai due governi rivali sia le milizie e altri gruppi armati hanno commesso nell’impunità gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme internazionali sui diritti umani. Tutte le parti in conflitto hanno compiuto attacchi indiscriminati e colpito deliberatamente i civili, costringendo migliaia di persone allo sfollamento interno e provocando una crisi umanitaria. Migliaia di detenuti sono rimasti reclusi senza processo, in assenza di un sistema giudiziario funzionante e in un contesto in cui la tortura e altri maltrattamenti erano diffusi. I gruppi armati, compreso l’autoproclamato Stato islamico (Islamic State – Is), hanno rapito, detenuto e ucciso civili e hanno gravemente limitato i diritti alla libertà d’espressione e di riunione” (https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2016-2017/medio-oriente-africa-del-nord/libia/; ancora il citato Rapporto 2016/2017 di Amnesty International: “Rifugiati e migranti sono stati vittime di gravi abusi da parte di gruppi armati, contrabbandieri e trafficanti di esseri umani, oltre che delle guardie dei centri di detenzione amministrati dalle autorità governative. (…) La legislazione libica continuava a considerare un reato l’ingresso, l’abbandono o la permanenza irregolare nel paese da parte di cittadini stranieri. Molti migranti irregolari, o sospettati di esserlo, e richiedenti asilo sono stati prelevati ai posti di blocco e nel corso d’irruzioni all’interno di abitazioni o sono stati denunciati alle autorità dai loro datori di lavoro. Migliaia sono rimasti trattenuti presso le strutture del dipartimento per la lotta alla migrazione irregolare (Department for Combating Irregular Migration – Dcim), in stato di detenzione indefinita in attesa dell’espulsione. Sebbene queste strutture dipendessero ufficialmente dal ministero dell’Interno, erano spesso gestite dai gruppi armati che operavano al di fuori dell’effettivo controllo del Gna. In queste strutture erano tenuti in condizioni squallide e sottoposti a tortura e altri maltrattamenti da parte delle guardie, compresi pestaggi, sparatorie, sfruttamento e violenza sessuale”; Refugees International, "Hell on Earth": Abuses Against Refugees and Migrants Trying to Reach Europe from Libya, June 2017, available at: http://www.refwoorld.org/docid/593010cc0.html [accessed 8 July 2017], con riferirmento anche ai racconti relativi al Gruppo Asma Boys. https://www.icc-cpi.int/Pages/item.aspx?name=170509-otp-stat-lib).
In relazione poi ai fattori oggettivi di vulnerabilità, considerata la particolarmente giovane età del ricorrente, assume rilevanza anche la situazione di violazione dei diritti in Nigeria, confermata dagli ultimi report richiamati ed anche da Amnesty International. Si deve poi tenere conto della situazione della sicurezza della regione, prevalentemente dominata dal conflitto del Delta del Niger, produttori di petrolio, dove la popolazione locale non beneficia del reddito dell’industria petrolifera. Dagli anni ’90 numerosi gruppi armati, molti dei quali con stretti legami con i culti dei campus universitari, sono stati coinvolti in crimini come il sequestro e il bunkering petrolifero e hanno creato molti disordini nella regione. Allo scopo di creare stabilità nella regione, il governo federale già nel 2003 ha inviato una forza di sicurezza, la cosiddetta Joint Task Force (JTF), guidata dall’esercito, ma anche dagli ufficiali della marina e dalla polizia mobile paramilitare (MOPOL). Tuttavia, è stato riferito che i membri della JTF si sono presto impegnati nell’attività lucrativa di bunkering petrolifero e nell’ottenimento di lucrosi contratti per garantire la sicurezza delle compagnie petrolifere. Di conseguenza, la violenza e l’insicurezza sono aumentate anziché diminuire. Oltre alla violenza petrolifera, esiste anche un’altra violenza armata nella regione. Ad esempio, è stato segnalato che nello Stato di Edo personalità politiche hanno fornito armi ai giovani per spingerli alla violenza politica. Queste armi non sono state raccolte dopo le elezioni e sono state utilizzate in attività criminali come sequestri, omicidi, rapine a mano armata, uccisione degli agenti di polizia e assassini politici (cfr.: il bunkering petrolifero è il processo di hacking in tubazioni, seguito dalla raffinatura o dalla vendita su un mercato parallelo; Asuni, J.B., Understanding the Armed Groups in the Niger Delta, September 2009; questo tipo di violenza non è una prerogativa dello Stato di Edo, ma un modello comune della politica nigeriana, secondo Cohen et al., ‘Structuration régionale et déterminants ethnoreligieux de la violence politique au Nigeria’, 2016, pag. 45; Smith, D.J., A Culture of Corruption, 2007, pagg. 121-125; Pérouse de Montclos, M.A. Boko Haram: Islamism, politics, security and the state in Nigeria, 2014; AOAV, The Violent Road, 12 December 2013).
La situazione descritta, valutata quindi complessivamente ed unitamente anche alla condotta regolare tenuta dal richiedente in Italia (non risultano precedenti penali, né carichi pendenti presso la Procura di Genova, né precedenti di polizia, tenuto conto – sotto quest’ultimo profilo - che l’Ufficio immigrazione, nonostante la richiesta di informativa, nulla ha comunicato in merito), dà diritto, per tutti i motivi esposti, ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell’art. 5 comma 6 d.lgs. 286/98."

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