Tribunale di Genova, provvedimento 6 giugno 2018
"La situazione del ricorrente, così come ricostruita, permette, tuttavia, il riconoscimento del
diritto alla protezione per motivi umanitari.
Dalla narrazione del vissuto – giovane età, contesto familiare altamente conflittuale in un Stato
caratterizzato da fortissima violenza e criminalità e da carenze del sistema di sicurezza essendo un
paese a sua volta violento e militarizzato – dalla disamina di quanto documentato – apprendimento
lavorativo come pasticcere, impegno nel volontariato e nell’apprendimento della lingua italiana come
dimostrato nel corso dell’audizione – emergono elementi per ritenere sussistente in capo al
ricorrente una situazione di vulnerabilità effettiva.
Sussiste invero l’ obiettiva speranza di una evoluzione in melius con eventuale permesso per motivi
di lavoro, che, unitamente alla giovane età, all’impegno scolastico, all’impegno nel volontariato ed al
tempo ormai trascorso dalla partenza ed alle condizioni di grave insicurezza del paese di origine di cui
si dirà a breve, espongo il ricorrente ad un grave danno in caso di rimpatrio forzato (cfr:Cass., ord. 7
luglio 2014, n. 15466; Cass. 19 febbraio 2015, n. 3347, cass.civ.sez.I 4455/18, Cass. 6879 del 2011;
4139 del 2011; 24544 del 2011; Cass. ord. 23 maggio 2013, n. 12751).
Come è noto le situazioni di vulnerabilità che possono dar luogo alla richiesta di rilascio di un
permesso per motivi umanitari costituiscono un catalogo aperto (Cass., 27 novembre 2013, n.
26566), che può comprendere situazioni soggettive, quali per esempio motivi di salute, di età,
familiari, ma anche situazioni oggettive (cioè relative al paese di provenienza), quali una grave
instabilità politica, episodi di violenza o insufficiente rispetto dei diritti umani, carestie, disastri
naturali o ambientali o altre situazioni similari. L’art. 5 comma 6 d.lgs. 286/98 infatti non definisce i
“seri” motivi di carattere umanitario che possono impedire il rientro del richiedente nel suo paese di
origine e che gli stessi vengono generalmente ricondotti a significativi fattori soggettivi di
vulnerabilità (ad es. particolari motivi di salute o ragioni di età) ovvero a fattori oggettivi di
vulnerabilità, che possono essere legati a guerre civili, a rivolgimenti violenti di regime, a catastrofi
naturali, a rischi di tortura o di trattamenti degradanti ed altre gravi e reiterate violazioni dei diritti
umani, a traumi subiti in patria o durante il viaggio, di cui egli risenta le conseguenze.
Ed allora. Si rinvengono profili di vulnerabilità soggettiva nel percorso di integrazione sociale e
lavorativa di cui si è detto come da documenti in atti con buona soddisfazione personale, unita al
serio impegno nel volontariato, condotte che comprovano la buona capacità di apprendimento ed
adattamento nel paese.
In relazione poi ai fattori oggettivi di vulnerabilità, assume rilevanza la situazione di insicurezza,
violenza ed incertezza della Guinea con particolare riferimento ai conflitti etnici come quello tra la
madre e la prima moglie del padre, continuando ad essere segnalate ancora dopo la partenza del
2014 carenze all'interno della polizia e della magistratura, insieme a diversi fattori di rischio, in
particolare la disoccupazione elevata, la criminalità organizzata e l'insicurezza regionale che hanno
evidenziato la fragilità del paese.
I continui scontri fra forze governative e militanti dell’opposizione hanno provocato un gran numero
di morti dal febbraio 2013. Si ritiene dagli osservatori che questa violenza incarni la frattura etnica
presente fra i Malinkè, gruppo etnico rappresentato dal partito di governo RPG del presidente Condè,
e il gruppo dei Peuhl, rappresentato dal partito di opposizione UFDG guidato dal leader Diallo (La
condizione di conflitto esistente tra Peuhl e Malinke, acuitasi in special modo dopo le elezioni
presidenziali del 2010, viene descritta da un rapporto dell‘Immigration and Refugee Board of Canada,
disponibile sul sito di Refworld).
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