Tribunale di Genova, provvedimento 11 luglio 2018
"Valutati gli sforzi profusi dal ricorrente per integrarsi in Italia e considerati il buon comportamento tenuto sulla base delle risultanze in atti (non risultando a suo carico precedenti penali, né carichi pendenti e neppure segnalazioni negative), le esperienze traumatiche vissute in Libia (sulle quali non si ha motivo di dubitare) e la mancanza di prospettive nel suo paese, si reputa sussistere una situazione di vulnerabilità che dà diritto ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell’art. 5 comma 6 d.lgs. 286/98. Gli atti vengono a tal fine trasmessi al Questore competente per territorio.
E’ infatti elevato il rischio che il soggetto, se fosse rimpatriato nel proprio Paese di origine, si troverebbe nella impossibilità di soddisfare i “bisogni e le esigenze ineludibili della vita personale, quali quelli strettamente connessi al proprio sostentamento e al raggiungimento degli standards minimi per un'esistenza dignitosa”, perché, come evidenziato dalla recente sentenza della Corte di Cassazione (Sezione Prima Civile, Sentenza 23 febbraio 2018, n. 4455)” la ratio della protezione umanitaria rimane quella di non esporre i cittadini stranieri al rischio di condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo di diritti della persona che ne integrano la dignità,” in comparazione con la situazione d'integrazione raggiunta nel paese di accoglienza."
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