Tribunale di Genova, provvedimento 18 luglio 2018
"4. Protezione umanitaria. La situazione del ricorrente permette il riconoscimento del diritto alla protezione per motivi umanitari.
Va premesso che l’art. 5 comma 6 d.lgs. 286/98 non definisce i gravi motivi di carattere umanitario che possono impedire il rientro del richiedente nel suo paese di origine e che gli stessi vengono generalmente ricondotti a significativi fattori soggettivi di vulnerabilità, quali. particolari motivi di salute, ragioni di età, traumi subiti tali da lasciare traccia nella personalità del richiedente, un significativo percorso di integrazione nel nostro paese) ovvero a fattori oggettivi di vulnerabilità, che possono essere legati a guerre civili, a rivolgimenti violenti di regime, a conflitti interni, a catastrofi naturali, a rischi di tortura o di trattamenti degradanti ed altre gravi e reiterate violazioni dei diritti umani nel Paese di origine. Ciò posto, occorre tenere conto: a) della storia personale, che – seppur non riconducibile per quanto detto alle maggior forme di protezione – lo porta suo malgrado a lasciare il proprio Paese contro la sua volontà per fuggire ad una grave situazione di pericolo personale; b) delle vicende vissute in Libia, segregato, costretto a lavorare, picchiato e maltrattato, infine costretto a salire su un barcone, senza neanche conoscere la destinazione e sottoposto al timore di morire in mare. Quanto al trattamento violento subito dagli stranieri in transito dalla Libia, in particolare provenienti dall’Africa Subsahariana, la notizia - già nota2 – trova un’ulteriore conferma nella dichiarazioni rese dal Procuratore della Corte Penale Internazionale all'ONU dell’8/5/2017, secondo cui la Corte penale ha l’intenzione di aprire un’inchiesta ufficiale sulle violenze subite dai migranti in Libia, in quanto sono pervenute da fonti diverse testimonianze di migranti sfruttati, schiavizzati, picchiati o molestati sessualmente3. c) In relazione ai motivi oggettivi di vulnerabilità, va poi considerata l’attuale situazione della sicurezza in Costa d’Avorio, che si è aggravata in modo preoccupante nel 2017. Nel documento dell’IRIN4 del giugno 2017 Sporadic violence and presidential tussle put Côte d'Ivoire's hard-won security at risk5 si legge (traduzione libera dello scrivente, N.d.R.) che “Proprio quando sembrava che si fosse voltato pagina dopo una crisi durata una decade contrassegnata da 2 guerre civili, la violenza in Costa d’Avorio è diventata, in modo preoccupante, una routine. Dall’inizio dell’anno non vi è stato un mese senza il suono delle armi da fuoco in qualche parte del Paese (…). Da gennaio, ci sono stati episodi di rivolte militari, con scoppio di armi da fuoco. La maggior parte di esse ha coinvolto alcune delle 8.400 soldati delle Forces Nouvelles, un ex movimento ribelle che, dopo essere stato integrato nell'esercito regolare, ha chiesto il pagamento di indennità di guerra, fino ad un massimo di 24.000 dollari a testa (…) per il loro ruolo nel portare al potere Alassane Ouattara, dichiarato vincitore delle elezioni del 2010”. Pierre Kouamé Adjoumani, presidente della Ivorian Human Rights League, ha dichiarato a IRIN: “Ora siamo preoccupati. Pensavamo che la Costa d’Avorio stesse gradualmente emergendo dalla sua crisi, ma stiamo vedendo via via rispuntare i vecchi demoni. L’esercito, su cui le persone dovrebbero poter porre la loro fiducia, si sta rivoltando per promesse non mantenute. Coloro che stanno dimostrando non sono i soldati in servizio, ma quelli che sono stati smobilitati”. Aggiunge poi che la sicurezza non è più una certezza, in un crescente clima di diffidenza tra l’esercito e la popolazione civile. Sempre nel citato documento Sporadic violence … si legge: “«Quegli ex combattenti non integrati costituiscono la più grande minaccia a lungo termine per la stabilità del Paese», ha scritto Tarila Marclint Ebiede, esperto di militanza e dottore di ricerca presso il Centro per la ricerca sulla Pace e lo Sviluppo dell'Università del Belgio di Leuven il mese scorso in The Conversation”. In questa situazione, la Missione delle Nazioni Unite in Costa d’Avorio (UNOCI) è terminata il 30 giugno di quest’anno; prima di lasciare il Paese UNOCI ha affermato che era certa che le autorità ivoriane erano in grado di proteggere i cittadini, pur dovendo ancora essere completate le riforme militari. La riforma dell’esercito è tra i principali obiettivi del Governo, come affermato recentemente dal ministro della difesa appena nominato Hamed Bakayoko. Bakayoko, che è stato per 6 anni ministro per la sicurezza interna, è peraltro stato di recente in aperto contrasto con Guillame Soro, presidente dell’assemblea nazionale ed ex leader di Forces Nouvelle. Entrambi gli uomini politici sono in corsa per la lotta alla presidenza, quali successori di Ouattara, per le elezioni previste per il 2020 e vi è anche chi ha visto un legame tra questa lotta per la presidenza ed i recenti scoppi di violenza, ma non vi è alcuna prova di tale connessione. Soro è, tra l’altro, sotto indagine a seguito della scoperta il giugno scorso di un ingente quantitativo si armi a casa del suo capo di gabinetto. Gli uomini di Soro avrebbero detenuto circa 300 tonnellate di armi, secondo una relazione dell'ONU pubblicata nell'aprile del 2016. Il citato documento di IRIN conclude così: “Venerdì scorso Bernard Oulai, un impiegato civile di Abidjan, ha dichiarato a IRIN quanto sia preoccupato per la attuale situazione: «Il clima della sicurezza sta peggiorando» ha detto «e nell'esercito, alcuni si dichiarano pro-Ouattara, pro-Soro, pro-Gbagbo, pro-questo o pro-quello. Ciò non è rassicurante e spiega perché le rivolte continuano, nella grande costernazione della popolazione. Non sappiamo cosa accadrà domani»”. d) del percorso di inserimento ed integrazione nel tessuto economico, sociale e culturale italiano, come risulta dalla documentazione prodotta ed in particolare dalla dichiarazione del docente dei corsi di lingua (che attesta “una frequenza regolare, un redinmento molto elevato e una partecipazione attiva e proficua alle lezio”, con superamento dei test liv. A1 e A2) e dall’impegno all’assunzione per il periodo stagionale della soc. xxxxxx s.n.c. Un percorso che verrebbe vanificato in caso di rientro forzato in Costa d’Avorio, tenuto conto della storia personale, della situazione del Pese di provenienza e dei traumi vissuti nel percorso migratorio, di cui si è detto.. In tale situazione, se il richiedente tornasse nel suo Paese, incontrerebbe non solo le difficoltà tipiche di un nuovo radicamento territoriale ma si troverebbe in una condizione di specifica ed estrema vulnerabilità, idonea a pregiudicare la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali, legati anche solo alle scelte di vita quotidiana."
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