PROTEZIONE UMANITARIA A CITTADINO GUINEANO: l'instabilità del paese, i trattamenti violenti subiti in Libia, la vulnerabilità psicologica e l'esemplare percorso di integrazione giustificano la protezione umanitaria

Tribunale di Genova 21 febbraio 2020

A tali valutazioni devono aggiungersi le seguenti:

a) Attuale instabilità socio politica del Paese del richiedente
Grave è la situazione relativa alla violazione dei diritti fondamentali in Guinea Conakry. Nonostante il ritorno ad elezioni presidenziali nel 2010 dopo decenni di governi autoritari ed un colpo di Stato militare nel 2008, la situazione dei diritti politici e delle libertà civili in Guinea è infatti tutt’ora assai compromessa.

b) Il trattamento violento subito dal richiedente in Libia, nuovamente imprigionato e picchiato. La prigionia nelle carceri libiche , il lavoro nelle campagne in condizioni di schiavitù rientrano nella concezione di tortura e trattamento denigrante secondo le convenzioni internazionali e la Corte EDU
Quanto al trattamento violento subito dagli stranieri in transito dalla Libia La notizia - già nota4 – trova un’ulteriore conferma nella dichiarazioni rese dal Procuratore della Corte Penale Internazionale all'ONU dell’8/5/2017, secondo cui la Corte penale ha l’intenzione di aprire un’inchiesta ufficiale sulle violenze subite dai migranti in Libia, in quanto sono pervenute da fonti diverse testimonianze di migranti sfruttati, schiavizzati, picchiati o molestati sessualmente5.
c) il percorso di inserimento ed integrazione nel tessuto culturale italiano, come risulta dalla documentazione prodotta (attestato di iscrizione alla scuola alberghiera, contratto di lavoro, contratto di tirocinio e corso agroalimentare) e dal fatto che il richiedente ha sostenuto l’udizione in lingua italiana.
Un rientro forzato in Guinea vista la situazione generale, ancora lontana dallo stabilizzarsi, la malattia e lesioni subite in patria e le sofferenze subite in Libia e nel percorso migratorio (che in tal modo si rivelerebbero inutilmente patite) e l’inizio di integrazione nel nostro Paese sarebbe in contrasto con gravi ragioni umanitarie ed egli si troverebbe in una condizione di specifica estrema vulnerabilità (cfr. Cass. 3347/15), idonea a pregiudicare la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali, legati anche solo alle scelte di vita quotidiana.

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