Tribunale di Genova 19 agosto 2021
Dal punto di vista oggettivo, occorre evidenziare come l’Ucraina sia pur sempre un paese in guerra, motivo per cui tutta la nazione risente delle drammatiche conseguenze derivanti dal noto conflitto. Come già evidenziato da questo Tribunale (si v., ad es., decreto 19 settembre 2018, Pres. Mazza Galanti, Est. Colmartino, nel procedimento n. 13091/2017 R.G.) secondo il rapporto annuale di Amnesty International (si v. https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2016-2017/europa/ucraina/) in Ucraina vi sono migliaia di sfollati interni, il tenore di vita è peggiorato, si è verificato un aumento dei prezzi delle materie prime e dei servizi di base, e si sono anche verificate limitazioni alla libertà di espressione
Con specifico riguardo al caso in esame va, quindi, tenuto conto: a) della problematica situazione del Paese d’origine, anche con riguardo ai diritti e alle libertà fondamentali come sopra brevemente ricostruita e descritta, che ancora oggi non risulta risolta; b) delle problematiche di natura economica, unitamente a quelle di natura personale (e psicologica) derivanti dai timori legati all’esistenza del conflitto; c) del positivo percorso di adeguamento alla nuova realtà sociale ed economica italiana (con particolare riguardo all’apprendimento della nostra lingua e, soprattutto, al suo inserimento nel mondo del lavoro, tanto che essa svolge regolarmente l’attività di badante e paga le tasse come risulta dalla documentazione versata in atti).
In definitiva, non v’è dubbio che un percorso quale quello illustrato verrebbe azzerato in caso di rientro forzato in Ucraina, posto che in tal caso, da un lato, sarebbe vanificato il positivo percorso di integrazione di cui si è detto, dall’altro, avuto riguardo alle problematiche condizioni (non solo economiche) di vita nel Paese di origine raffrontate a quelle sperimentate in Italia, si può concludere che se la ricorrente tornasse in patria, incontrerebbe non solo le difficoltà tipiche di un nuovo radicamento territoriale ma si troverebbe in una condizione di oggettiva vulnerabilità, idonea a pregiudicare la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali, legati anche solo alle scelte di vita quotidiana.
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