Tribunale di Genova 3 maggio 2021
Il racconto del richiedente, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, alla luce delle fonti reperite e dell’audizione resa davanti all’organo amministrativo, ove ha saputo dare chiarimenti su ogni punto dubbio, e dettagliare la sua vicenda, appare preciso, vivo e frutto di una storia personale. La vicenda narrata dal richiedente infatti, appare dettagliata, priva di contraddizioni, globalmente plausibile e come tale credibile, applicando i parametri di cui all’art. 3 comma 5 d.lgs. 251/07, tenuto anche conto del beneficio del dubbio, in base alla definizione fornita dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati1 e dell’interpretazione resa dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 8819/2020 del 12 maggio 20202.
(...) Anche le COI risultano coerenti, infatti, Amnesty International riporta che le forze di sicurezza nigeriane hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, tra cui la tortura e altri maltrattamenti, e l'uso di una forza eccessiva che ha portato, in alcune occasioni, a uccisioni illegali; che la Commissione nazionale per i diritti umani ha documentato 105 denunce di violazioni dei diritti umani tra marzo e metà aprile, compreso l'uso di forza eccessiva perpetrato dalle forze di sicurezza in 24 dei 36 stati del paese e nel territorio della capitale federale Abuja; che l'uso della tortura e di altri maltrattamenti è rimasto pervasivo in tutto il sistema di giustizia penale ed è stato perpetrato dalla polizia (in particolare la SARS), dal DSS e dai militari3.
Ancora, USDOS scrive che il governo ha fatto alcuni passi per indagare sui presunti abusi da parte della polizia, compresa la Squadra speciale antirapina e le forze militari, ma l'impunità è rimasta un problema significativo. Inoltre, nonostante la legge proibisca l'introduzione nei processi, di prove e confessioni ottenute con la tortura, le autorità non hanno sempre rispettato questo divieto.
Secondo organizzazioni internazionali credibili, prima del loro scioglimento, le unità della SARS hanno talvolta usato la tortura per estrarre confessioni poi utilizzate per processare i sospetti. Le organizzazioni non governative locali e i gruppi internazionali per i diritti umani hanno accusato i servizi di sicurezza di detenzione illegale, trattamenti inumani e tortura a danno di sospetti criminali, militanti, detenuti e prigionieri. La polizia è rimasta soggetta alla corruzione, ha affrontato accuse di abusi dei diritti umani e ha operato con una diffusa impunità l’arresto, la detenzione illegale e la tortura dei sospetti4.
La BBC ha scoperto prove video dalle quali emerge che la tortura è usata da diversi rami della polizia e delle forze armate nigeriane, cosi come anche descritte dal ricorrente (verbale dd. 10/01/2019, p.13). L’emittente ha pubblicato un documentario in cui viene mostrato e provato l'uso da parte della polizia e dei militari di una pratica di tortura nota come tabay durante la detenzione di sospetti criminali, compresi i bambini. Il tabay consiste nel legare le braccia di un sospetto ai gomiti per interrompere la circolazione; a volte vengono legati anche i piedi del sospetto e la vittima è sospesa sopra il suolo. Nonostante in Nigeria la tortura sia illegale e dal 2017 sia entrato in vigore l’“Anti-Torture Act”, la normativa non è mai stata implementata, e pure in casi eclatanti, i responsabili non sono stati perseguiti5.
Inoltre, il richiedente sarebbe esposto al rischio di subire nuovamente aggressioni da parte dei membri della banda malavitosa, i quali lo hanno già minacciato, attentando più volte alla sua vita, e dai quali, per le ragioni già esposte, è plausibile credere che non riceverebbe adeguata tutela da parte delle forze dell’ordine del Paese, in particolare da quelle della sua città di provenienza.
(...) Nella situazione in cui si trova il richiedente, vi è pertanto il concreto rischio di un grave danno in caso di rientro nel proprio Paese di origine allo stato ancora attuale, sulla base di quanto sopra evidenziato, dovendosi fare applicazione dell’art. 3 comma 4 d.lgs. 251/2007, a mente del quale il fatto che il richiedente abbia già subito danni gravi e minacce dirette di danni gravi costituisce un serio indizio della fondatezza del rischio effettivo di subirne di ulteriori in caso di rientro in Nigeria.
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