Con il provvedimento che si allega il Tribunale di Genova ha affrontato e risolto alcune importanti questioni in tema di natura giuridica della responsabilità della amministrazione penitenziaria per violazione dell'art. 3 CEDU, di eccezioni di compensazioni di crediti vantati nei confronti del detenuto e individuazione dello spazio vivibile all'interno delle celle detentive.
In particolare, le questioni affrontate sono state:
a) l'Inquadramento della natura giuridica della responsabilità della pubblica amministrazione con conseguente applicazione del regime probatorio ed individuazione del termine di prescrizione del diritto al risarcimento. L’ordinanza n. 2276 aderendo alla natura contrattuale della responsabilità (e conseguentemente riconoscendo un onere della prova agevolato per il detenuto e un termine di prescrizione del diritto pari a dieci anni) ha affermato: “Più esattamente possiamo parlare di una responsabilità contrattuale discendente da un intero sistema normativo, che poi è lo stesso Ordinamento Penitenziario, da leggersi nella cornice dei diritti fondamentali riconosciuti anche alle persone ristrette in carcere - in ordine cronologico – dagli artt. 2 e 27 della nostra Costituzione; dall'articolo 3 della Cedu; dall’art. 1 della Carta di Nizza, che esordisce ponendo al centro dei valori dell’Unione la dignità delle persone.”.
b) Eccezione di compensazione di crediti dell'amministrazione resistente. La questione è stata affrontata e risolta con le ordinanze n. 2276 e 2277 affermando che: “L’eccezione preliminare di compensazione – l’Avvocatura fa presente un credito per spese di mantenimento in carcere – non può essere presa in esame perché in realtà in tal modo viene svolta una domanda riconvenzionale di accertamento di un diverso rapporto creditorio: il che non è ammissibile nel contesto di un procedimento speciale predisposto esclusivamente per le liquidazioni del pregiudizio qui in esame, con forme semplificate che, se da un lato possono penalizzare il ricorrente sui moduli deduttivi ed istruttori, dall’altro non consentono alla sua controparte “strutturale” di formulare domande di accertamento e condanna che, a ben vedere, presupponendo una verifica non sommaria del titolo, dovrebbero essere avanzate nelle forme ordinarie, se non con lo stesso speciale procedimento di recupero del credito erariale, previsto nelle norme sull’esecuzione penale.
c) Corretta interpretazione della giurisprudenza della CEDU in ordine alla individuazione dello spazio vivibile all'interno delle celle ai fini della valutazione delle condizioni detentive del ricorrente. Sulla questione, il Tribunale, accogliendo la tesi difensiva e superando il precedente orientamento (cin merito al computo della superficie occupata dai letti), ha così, in sintesi e per estratto, stabilito: “deve escludersi dalla superficie “disponibile” quella dell’annesso locale bagno,; (….)
- parimenti, pur tenuto conto dei margini di incertezza che derivano, sul punto specifico, dalle indicazioni fornite della Corte EDU, debbono detrarsi dallo spazio “disponibile” le superfici coperte dagli arredi fissi(…)
- in passato sono emersi dubbi circa l’inclusione nello spazio fruibile della superficie occupata dai letti, arredo che copre una superficie, da un lato, non certamente “calpestabile”, ma, dall’altro, fruibile quale seduta e quale sede di svolgimento di attività quotidiane, anche in orario diurno. Peraltro, considerata comunque l’inibizione o la maggiore difficoltà dei movimenti all’interno delle camere di reclusione per tali presenze, e comunque la circostanza che saturando gli ambienti carcerari con letti, si verrebbe a determinare l’assenza di spazi per gli spostamenti interni, nella riunione del 31 maggio scorso si è ritenuto di dover escludere dal computo della superficie utilmente fruibile anche i letti presenti nelle celle;”