E' certamente un problema di linguaggio, ma anche di naturale, primitiva, umanissima, paura e, ovviamente, di pessima politica.
Il razzismo si nutre anche e soprattutto di questi fattori. Ma non solo. Anche di disagio, solitudine, disinformazione e indifferenza.
A Multedo, in questi giorni, lo si sta capendo bene, mentre ci si trova, forse per la prima volta in un quartiere delle nostra Genova operaia e solidale, a dover fare i conti con un “manipolo” di cittadini, spero non completamente e di certo non dichiaratamente, razzisti, che si oppongono scompostamente all'accoglienza di una dozzina di richiedenti asilo.
Avrebbero dovuto esserci anche loro nello splendido Teatro dell'Arca all'interno della casa circondariale di Marassi, ad assistere alla presentazione del libro di Luigi Manconi e Federica Resta "Non sono razzista ma. La xenofobia degli italiani e gli imprenditori della paura"
Forse, se gli xenofobi di Multedo si fossero trovati in questa eterogenea ed attentissima platea, composta da poliziotti penitenziari, giornalisti, pensionati, insegnanti, educatori, psicologi, studenti, avvocati, detenuti, magistrati e "personalità" cittadine, superato lo stupore iniziale, avrebbero potuto, in qualche modo, trovare un conforto al loro smarrimento e alla loro solitudine.
Nessun politico italiano credo sia in grado di comprenderli meglio di Luigi Manconi. Non perché ne condivida il pensiero o le scelte, tutt'altro, ma perché si interroga incessantemente, da lustri, sulle cause e sui possibili vaccini e rimedi alla xenofobia. I cittadini paurosi e urlanti di Multedo non troveranno nessuno che sappia ascoltarli (seppure senza alcuna simpatia, nel senso etimologico del termine) con più preoccupata attenzione del presidente della Commissione Diritti umani al Senato.
Manconi, infatti, è consapevole, a differenza di molti altri politici che o ignorano la paura, o peggio la cavalcano e strumentalizzano, che in quella frase (tipica di molti "potenziali razzisti”) - "non sono razzista ma..." - si nasconde la richiesta di aiuto di chi si trova, senza altri strumenti che non siano le catene, ad affrontare l'inquietudine "dell'altro”.
In questo straordinario teatro, venerdi sera, davanti a un pubblico partecipe quanto inusuale nella sua composizione, a quelle paure e a quelle, seppure maldestre, richieste di aiuto, si è cercato, insieme al senatore Manconi, al professor Luca Borzani e all'ex sindaco Marco Doria, di trovare della reali ed efficaci risposte.
Qualche risposta l'offriva già l'ambiente stesso: se i riottosi abitanti di Multedo fossero venuti ad assistere alla presentazione, si sarebbero trovati ospiti (e non "padroni") tra le mura carcerarie, in un luogo di cultura ed arte, insieme a persone o gruppi di persone tutte, in qualche modo, tra di loro estranee, in una convivenza necessaria ma spontaneamente perfetta.
Se si fossero seduti in quella sala respirandone la complicità che si andava creando, forse, i nostri xenofobi di quartiere, avrebbero potuto apprendere nozioni e dati, ascoltare ragionamenti nient’affatto scontati, ma di condivisibile ed immediato buon senso. E, forse, questa immediata complicità con persone cosi “estranee” avrebbe potuto aiutarli a combattere i loro demoni e la loro solitudine. Nessuno, infatti, come è stato ricordato, è immune dalla tentazione del razzismo. Ma per non cedervi occorrerebbe riflettere (possibilmente senza subire le manipolazioni mediatiche o politiche degli "imprenditori della paura") e documentarsi. Si scoprirebbe cosi che non siamo "invasi" dai profughi e che la vera emergenza non sono le poche decine di migliaia di persone che riescono ad approdare vive, ma le 2700 creature inghiottite dal mare e dalla nostra indifferenza nei soli primi nove mesi dell'anno). E ci si ricorderebbe il nostro recente passato di emigrazione (oltre 35 milioni di italiani sono partiti dal Bel Paese tra il 1860 e il 2000 in cerca di una vita migliore e quindi in tutte le famiglie italiane è stata vissuta una storia di migrazione di cui però, appunto, si è persa memoria). Nel corso dell'incontro sono stati forniti questi e molti altri antidoti di informazione e di memoria al virus dilagante del razzismo.
Se fossero stati con noi e se avessero resistito fino alla fine, gli impauriti xenofobi di multedo (o di altri quartieri), avrebbero potuto ascoltare e forse comprendere che la tutela dei diritti umani li riguarda. Perché, ed è questo il loro segreto e la loro magia, i diritti fondamentali sono indivisibili: non si può pensare di ledere, ma neppure incrinare o mettere in discussione il diritto di qualcuno (per quanto lo si consideri altro da sé) se non corrompendo ed inficiando i diritti di ciascuno, perché "la violazione di un diritto si ripercuote sull'intero sistema dei diritti". Non ricordarselo, in un Paese che ha conosciuto l'infamia delle leggi razziali, costituisce - come direbbe Manconi - non solo una colpa, ma anche una condanna.
La Repubblica, 22 ottobre 2017