I giorni della memoria e l'attenzione sul caso Regeni

 

Nei giorni in cui ci si prepara a celebrare la giornata della memoria (commemorazione quanto più necessaria ed urgente visti gli indegni ed inquietanti rigurgiti razzisti ai quali assistiamo smarriti e preoccupati negli ultimi tempi), la nostra, come altre 150 città italiane, si è tinta di giallo per dare un colore e una luce ad un'altra necessaria e più recente memoria: quella che impone di pretendere verità sul sequestro, le torture e l'uccisione di Giulio Regeni il giovane ricercatore che il 25 gennaio di due anni fa veniva "fatto sparire” al Cairo.

I diritti umani sono indivisibli e non conoscono, come neppure la memoria che dovrebbe proteggerli, confini né di spazio è di tempo. Le violazioni di quei diritti, ovunque e in qualunque tempo avvengano, sono accomunati dalla loro intollerabilità.

Lo sanno bene le migliaia di uomini e donne che con una fiaccola in mano giovedì sera chiedevano in tantissime piazze, non solo italiane, verità per Giulio così come lo sanno le molte altre persone (ma spesso coincidenti) che sfilano, e sfileranno ancora, nei cortei, reali o virtuali, antirazzisti ed antifascisti.

Come ricorda il Presidente Mattarella il baluardo contro il razzismo è e resta la nostra Costituzione ed in particolare il principio di uguaglianza, che, mi permetto di aggiungere, va difeso con le unghie e con i denti, con i fatti oltre che con le parole, riconoscendone la prevalenza su qualsiasi altra norma, circolare, disposizione oppure ordine che, se impartiti in sua violazione, sono da considerarsi illegittimi e dunque da disattendere.

 Giulio e la sua straordinaria famiglia sono un esempio limpido di concreto antirazzismo (come giustamente sottolineava anche l'onorevole Manconi in collegamento dalla manifestazione organizzata a Forlì). Paola e Claudio Regeni praticano quotidianamente e spontaneamente l'eguaglianza, chiedendo giustizia e pretendendo quella inviolabilità dei diritti che avrebbero voluto per il loro figlio, per tutti i Giuli e le Giulie del mondo.

Giulio, oggi lo sappiamo con certezza, a quel principio di uguaglianza, ha creduto fino alla fine, fino a quando è stato ucciso da divise degli apparati di un regime che ogni giorno fa sparire, come Giulio, 3 o 4 persone e che però molti governanti si ostinano a chiamare amico.

Se si praticasse realmente la memoria che in questi giorni celebriamo, se si applicassero e si osservassero decisamente i valori dell'antifascismo, si dovrebbero rompere le amicizie, spacciate per strategicamente utili, ma evidentemente intollerabili ed imbarazzanti, con chi non conosce il rispetto dei diritti umani e si dovrebbe assolutamente evitare di stringerne di nuove.

I miei colleghi al Cairo, strenui ed eroici difensori dei diritti umani al servizio delle vittime delle sparizioni forzate e loro stessi spesso fatti oggetto di prigionia, violenze ed intimidazioni, hanno inviato, per la giornata dedicata agli avvocati minacciati (ma di quanta memoria abbiamo bisogno!) un messaggio di straziante speranza: "ogni giorno di cui siamo testimoni ci sentiamo più forti grazie al ricordo di Giulio, siamo più forti grazie ai suoi genitori Paola, Claudio e ai milioni di persone in tutto il mondo che credono ancora nella giustizia e nella verità, siamo più forti grazie al coraggio dei difensori dei diritti umani che lavorano giorno e notte per documentare le violazioni dei diritti umani e dare assistenza legale alle vittime, siamo più forti grazie a voi."

Se loro confidano e addirittura traggono forza dalla nostra "memoria", intensa come azione reale e corale, come lotta contro le ingiustizie e non come impotente rito o sterile commiserazione, non vorremo mica deluderli? Almeno noi, che godiamo del diritto (conquistato a fatica) di manifestare la nostra pretesa di verità e giustizia, non possiamo sottrarci a questa responsabile  e necessaria alleanza. (A proposito a quando l'esposizione dello striscione Verità per Giulio anche nella nostra città?)

 

Da Repubblica, Genova 28 gennaio 2018

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