“Deve cambiare la narrazione sulle migrazioni”, questo in estrema sintesi è il dato più chiaro, nonché dichiarazione di intenti, che emerge dopo la presentazione del dossier statistico immigrazione 2018. Ancora una volta risulta evidente quanto i numeri siano importanti e necessari ma che da soli non bastino.
E non solo perché i numeri vanno raccontati e interpretati e ma perché insieme ai numeri sono indispensabili le storie e i volti di chi quei numeri li fa con la sua sudata esistenza. Perché è anche vero che dopo trent’anni che parliamo di migrazione questo racconto dovrebbero poterlo fare i protagonisti e non chi li conta e, in qualche modo, inevitabilmente, li giudica.
Continuiamo a parlare di loro senza di loro. Consapevoli, comunque, che è impossibile ormai ragionare di noi senza includere loro.
Perché, che lo si voglia o no, i nostri destini sono ormai indissolubilmente intrecciati. Noi moriamo, loro nascono. Noi invecchiamo, loro ci ringiovaniscono abbassando l’età media dei residenti. Noi abbandoniamo il territorio, loro ci ripopolano. Noi tutti impoveriamo ma loro aggiungono ricchezza alle nostre casse dello Stato. Come noi patiscono la crisi, come noi sbagliano, inciampano, ma per loro è ben più difficile rialzarsi perchè i loro sbagli spesso non hanno perdono. Come noi si impegnano, come noi studiano o lavorano, a volte creano imprese, a volte falliscono. Ma i loro fallimenti spesso sono irrisolvibili e conducono a conseguenze catastrofiche. La loro esistenza legale, infatti, dipende molto spesso dalla loro dichiarazione dei redditi e dunque la perdita di lavoro comporta in moltissimi casi il passaggio nell'irregolarità.
Noi e loro. La scrittrice Donatella di Cesare direbbe che l'uso dei pronomi non è indifferente “situano individui e gruppi nel parlare, ne delimitano i ruoli, ne indirizzano il discorso. Sono le prime decisive frontiere, quelle linguistiche”.
E cosi parliamo di loro, senza concedergli la dignità della parola e spesso senza conoscere nè capire.
I numeri e la loro narrazione contenuti nelle 8 pagine di sintesi del dossier, andrebbero imparati a memoria. Dovremmo tutti sapere che non siamo invasi: che quest'anno sono approdati in Italia in fuga da guerre e altre calamità circa 20 mila persone (misera cifra se si considera che nel mondo i migranti forzati sono 68,5 milioni e che la maggior parte di loro ha trovato accoglienza nel sud del mondo), che gli stranieri in Italia sono (da anni) l'8,5 % della popolazione e sono per la maggior parte donne, cristiani e di cittadinanza europea. Che non delinquono più degli italiani e ingrassano le casse dello Stato pagando ogni sorta di tassa (tanto che il bilancio costi benifici è pari a circa 3 miliardi di euro).
Tutti dovrebbero sapere che in mare quest'anno sono morte circa 2000 persone a causa di accordi scellerati con paesi affatto accoglienti e sicuri come la Libia o l'Egitto. Cosi come bisognerebbe avere consapevolezza che non “vengono tutti da noi", ma che l'Italia per incidenza di stranieri sulla popolazione si colloca dopo Germania, Regno Unito, Cipro, Austria, Belgio, Irlanda e Lussemburgo.
E non si dovrebbe svolgere nessun ruolo di pubblica amministrazione né giornalistico senza conoscere questi dati . Andrebbero previste delle multe salatissime per chi pubblicamente mente su questi argomenti, con delle aggravanti specifiche per chi ha ruoli pubblici o distorce i dati per procacciarsi voti o audience. Altro che condono! Con il pagamento di queste sanzioni si risanerebbe il debito pubblico, si pagherebbe la mensa ai bimbi discriminati da ordinanze razziste e si potrebbe permettere al sindaco Lucano di colmare le eventuali irregolarità nella straordinaria gestione del modello Riace. E vivremmo tutti più consapevoli e sereni.
da Repubblica Genova, domenica 28 ottobre 2018