Stanca. Torno a casa, dopo molti spostamenti, coincidenze e incontri impegnativi, il tutto in una manciata di ore.
Torno con l'ultimo volo della sera, commossa, ancora e sempre, dalla bellezza della nostra città galleggiante, come mi appare dal finestrino all'atterraggio, mentre serafica e luminosa abbraccia il mare.
Sono davvero stanca, cosi mi concedo (avendo poche alternative) il lusso di un taxi.
Mi sento in dovere, nel silenzio imbarazzato dell'abitacolo, di attaccare bottone.
E se sei in taxi a Genova sulla sopraelevata, per giunta a ridosso del primo penoso anniversario del crollo, parlare del Ponte è inevitabile.
Lo sguardo e i ricordi ti portano a quel 14 agosto e a tutte le drammatiche conseguenze.
Penso ad alta voce ad Iris e agli altri amici o clienti che letteralmente, in quel giorno hanno visto "crollargli il mondo addosso", ma non faccio neppure in tempo a finire una frase che il mio interlocutore, decisamente infastidito ed estraneo a qualsiasi forma di empatia, mi zittisce sostenendo (testuale) che “gli sfollati hanno stufato coi loro piagnistei e i loro comitati”.
Vinco lo stupore iniziale e faccio notare che queste persone hanno subito un danno incalcolabile morale oltrechè materiale e che, se è stato uno shock per noi genovesi pure non direttamente coinvolti dal crollo, non è neppure immaginabile lo strazio di chi in quel boato ha perso quasi tutto. Per cercare di farmi capire meglio gli racconto della bimba che ha visto il ponte cadere sopra la sua casa ed rimasta muta per mesi, incapace di verbalizzare il suo sconvolgimento.
Insensibile a qualsiasi mia parola il tassista rincara la dose sostenendo, a mo' di vergognosa giustificazione del suo disprezzo, che in via Porro ci abitano solo "poveracci e stranieri, soprattutto stranieri e quindi ancora grazie che il comune gli ha ricomprato casa, visto che comunque non valevano nulla", sottintendendo che un pò se l'erano andata a cercare e che la solidarietà non sarebbe comunque dovuta nei confronti di persone che, secondo il suo personale e discutibile, parametro sarebbero inferiori.
Reagisco decisamente alterata e spiego che le persone che hanno fatto enormi sacrifici per acquistare una casa, soffrono quando si trovano sfollati dall'oggi al domani, che siano italiani o stranieri, benestanti o cassaintegrati.
Ma il mio conducente (che ormai temo mi scaricherà dall'auto in corsa), sordo a qualsiasi mia, peraltro banale, rimostranza, continua imperterrito a vomitare odio verso quelli che secondo la sua scala gerarchica sono gli ultimi e mi spiega che gli stranieri di sera sono peggio che di giorno (sic), che lui lo sa bene perchè, facendo i turni di notte, li accompagna a spacciare nelle case degli italiani "e poi mi chiedono di aspettarli per continuare la corsa",e non si rende conto della sua, appena confessata, complicità nel reato che tanto lo scandalizza. Scendo dalla vettura un po' prima di arrivare a destinazione, sconvolta da questo irriducibile sfogo di puro, inutile, odio. Guardo la macchina: non c'è la scritta che compare su molti taxi genovesi: "Genova non si arrende". Lui, l’odiatore, si è già evidentemente arreso ed è destinato a perdere.
Da Repubblica Genova del 4 Agosto 2019