Una Bibbia laica, così è stato definito il dossier statistico immigrazione presentato pochi giorni fa nella sua ultima edizione curata dal Centro Studi e Ricerche Idos insieme con il Centro Studi Confronti .
Il sotto titolo del dossier non poteva essere più esplicito "l'annus horribilis" per i migranti, certamente, ma anche per tutti noi.
Perché,come dicevano gli antichi, se Sparta piange Atene non ride. E non è, evidentemente, privando "gli altri" dei loro dei diritti che "i nostri" si rafforzano e vengono maggiormente tutelati. Non è mistificano la realtà e creando un clima di odio e conflitto sociale che si genera sicurezza. Non è emarginando, respingendo e ghettizzando sacche intere della popolazione che si può pensare di costruire una convivenza civile e pacifica.
Un annus horribilis, che pare peraltro non essere ancora terminato.
Per provare ad invertire la rotta, iniziata invero ben prima dell'ultimo anno, di tale “orribile” sbandamento xenofobo, la lettura del dossier e la divulgazione dei risultati delle ricerche in esso contenute è certamente un utile strumento.
Ancora una volta scopriamo che non siamo "invasi", che non lo siamo in realtà mai stati, ma tanto meno negli ultimi anni, preso atto che nel 2019 sono approdati sulle nostre coste solo 9944 persone in fuga da guerre persecuzioni. Un numero evidentemente insignificante specie se raffrontato ai 71 milioni di persone nel mondo costrette a migrazioni forzate.
Tra questi esigui "nuovi approdi" ci sono 1335 minori non accompagnati che si spera non vadano ad ingrossare le fila dei 5200 minori stranieri presenti nei nostri territori ma dei quali si è persa completamente traccia nel 2018.
Sfogliando il dossier ci possiamo sentire rassicurati dal fatto che gli stranieri rappresentano quasi stabilmente l'8.7% della popolazione italiana e che la maggior parte di loro sono cittadini europei e cristiani.
E non "li ospitiamo tutti noi" perchè le percentuali di stranieri residenti in altre paesi europei sono ben più alte di quel misero 8.7 % (ci battono Germania, Spagna, Belgio, Austria e il Lussemburgo che vanta il 47 per cento di popolazione straniera)
E comunque non ci rubano il lavoro ma anzi creano imprese (il 10% di quelle italiane).
Non solo, pagano pure le tasse e addirittura con maggior solerzia degli autoctoni, contribuendo così al 9% del Pil (pari a 139 miliardi di euro l'anno), e i risparmi, quando li hanno, li inviano a "casa loro" aiutando anche l'economia del paese di origine.
A fronte di 128 mila italiani che hanno lasciato il nostro bel paese nel 2018 con percorsi migratori certamente più facili ma comunque sofferti, il numero dei nuovi ingressi di stranieri è decisamente inferiore, perchè se è vero che nel 2018 si sono registrate 111.000 nuove presenze "straniere" è anche vero che 65.400 di loro sono stati portati dalla cicogna: nati in Italia da dove non si sono mai mossi, e a chiamarli immigrati ci vuole davvero malafede. La stessa che impedisce di approvare una legge decente sulla cittadinanza che renda italiani chi nasce e studia nel nostro paese.
Politici, magistrati, giornalisti, insegnanti, chiunque si occupi non solo di immigrazione ma anche di educazione, giustizia, comunicazione, politiche sociali, cultura e diritto (e dunque in buona sostanza chiunque di noi) dovrebbe leggere questa “bibbia laica” o almeno la sua sintesi facilmente reperibile on line anche solo per provare a sedare paure recondite o contrastare luoghi comuni e odio diffuso. E in buona sostanza per provare a capire cosa si nasconde dietro la parola migrante.
In un bel libro di Federico Faloppa “Brevi lezioni sul linguaggio”, ho trovato questa illuminante citazione di Borges “non c’è proposizione che non implichi l’universo intero: dire la tigre e’ dire le tigri che la generarono, i cervi e le testuggini che divorò, il pascolo di cui si alimentarono i cervi, la terra che fu madre del pascolo, il cielo che dette luce alla terra”.
Dire migrante o straniero vuol dire dire chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando.
La Repubblica di Genova 10 novembre 2019