La piazza unita dalla speranza

Persino il cielo ha regalato una tregua per mezza giornata sospendendo le interminabili piogge genovesi delle ultime settimane e consentendo ai manifestanti di stringersi “come sardine” senza dover brandire ombrelli ma solo pesci colorati.

Si è cantato molto, applaudito, parlato. Ci si è ritrovati tra amici, tra compagni, tra simili o anche solo tra cittadini.

Ci si è riappropriati di uno spazio pubblico, della nostra piazza, delle parole corrette, della buona politica, del senso di comunità e persino dell’inno nazionale.

Solidarietà, pace, verità, cittadinanza, responsabilità, uguaglianza, corridoi umanitari e persino amore. Queste le parole e gli ideali che si respiravano nella piazza genovese.

Eravamo non solo tantissimi ma diversissimi per età, origine, cittadinanza, esperienze.

Uniti certamente dalla delusione ma forse ancor di più dalla speranza.

C’era Remo un irrefrenabile partigiano (considerarlo “ex”, vista la sua vitale militanza, sarebbe offensivo) di 93 anni, c’era don Farinella, la coscienza della nostra città e certamente benediceva la piazza anche il nostro don Gallo.

C’erano Mara, Talatou, Simohamed, Valeria, Roberto, Alessandra e Micol, educatori e insegnanti, attivisti, studenti, lavoratori e donne impegnate contro la discriminazione e le violenze di genere.

C’era Iris, in rappresentanza degli sfollati via Porro ma anche delle maestre e dei maestri antirazzisti.

C'erano “le Bughe” con Bobby, Aldo e Marco a fare bella musica.

C'erano le note e le parole dei De Andrè, padre e figlio.

Eravamo così stretti, come sardine per l’appunto, che non c’era spazio per l’odio. E neppure per la prevaricazione, i narcisismi. la manipolazione .

Si era lì per contarci, per ritrovarsi, per attingere nuove energie, condividere idee, impegni ed entusiasmi. Per segnare un confine tra chi distrugge, specula, discrimina, odia, inquina, o semplicemente si disnteresssa e arrende, e noi. Noi che, seppure affaticati e amareggiati, non abbiamo mai smesso di credere e di tentare di costruire, ognuno nel suo piccolo e con la sua tenacia, un mondo, o quanto meno una Genova migliore.

Erano bandite le bandiere, i simboli e gli slogan dei partiti per garantire la massima inclusione ed evitare strumentalizzazioni.

Ma quella piazza, non partitica, era nel senso nobile ed etimologico della parola, decisamente “politica”.

Presagio ed esempio di buona politica.

Un ragazzo di circa vent’anni alla fine della manifestazione è venuto sui gradini di Palazzo Ducale a ringraziare gli organizzatori, confessando subito, un po' intimidito, che aveva votato Lega alle ultime elezioni, ma che quella piazza in cui si è parlato di inviolabilità dei diritti, inclusione sociale, uguaglianza, costituzione, lotte partigiane e democrazia lo aveva fatto riflettere .

Quel suo grazie, cosi onesto e reale, e’ valso la piazza.

Ora dobbiamo pensare quali altri luoghi riempire pacificamente e quali temi di discussione portare. Ogni idea e’ ben accetta e può essere condivisa sulla pagina Facebook delle Sardine di Genova. C’è molto da fare e da fare insieme perché come direbbe il Gallo se l’odio grida forte l’amore grida ancora più forte. E Genova, ne abbiamo avuto una dimostrazione tangibile la settimana scorsa, resiste e sa amare forte.

Le Sardine di Genova

La Repubblica di Genova 8 dicembre 2019