"Siete andati a Genova quando è caduto il ponte?"
La domanda, per nulla innocente, viene gridata sguaiatamente da alcuni lampedusani ai parlamentari che erano saliti a bordo della nave Sea Watch, nel momento in cui la capitana, Carola Rackete, approdava finalmente sul molo dell'Isola per fare sbarcare i profughi tratti in salvo giorni prima e ai quali era stato fatto (allora come ora, dal medesimo impunito ministro) divieto di scendere.
Qualche istante prima, dalle registrazioni, si sentono ben chiare, le stesse voci sgraziate formulare impronunciabili minacce, insulti razziali, auguri e istigazione a reati di varia natura: un frasario stomachevole e violento. Il peggio del repertorio razzista, povero di parole e di argomenti ma debordante di becero, demenziale, vomitevole odio.
Dopo aver augurato ogni genere di violenza e offesa sessista a Carola, definita zingara e crucca e destinata a subire stupri di gruppo, gli isolani urlanti se la prendono con i deputati a bordo dell’imbarcazione: "siete andati a Genova quando il ponte è caduto? Le mogli vi devono stuprare. Siete andati a dormire coi terremotati? Coglioni"
Una furia idiota di parole senza senso. Chi chiederebbe mai ad un pompiere che ha appena tratto in salvo da un incendio donne, uomini e bambini: “ma tu l'11 settembre sei andato a prestare soccorso quando sono cadute le Torri Gemelle? E ti sei prodigato a spegnere le fiamme a Notre Dame?” Per poi augurare, neppure ai “diretti interessati” ma alle loro consorti, ree evidentemente di essersi scelte il compagno sbagliato, le peggiori violenze.
Vedere e ascoltare il video di quei minuti di follia sul molo di un’isola già candidata al Nobel per la pace, fa male. Nella mia personale retorica dell’isola (sacra per simbologia e perché ospita alcuni dei miei affetti più cari) non ho mai pensato che l’insularità la preservasse dalle umane perversioni e da drammatiche, scellerate debolezze tra le quali l’ignoranza e il razzismo (che spesso viaggiano insieme). Ma sentire quelle urla mi ha sconcertata e ferita. E non posso neppure immaginare lo sconvolgimento di chi le ha subite in prima persona, vittime e testimoni di tale sorprendente nefandezza.
Uno degli urlatori, facilmente identificato dalle immagini registrate, ha provato a bofonchiare la penosa scusante (ben guardandosi però dal chiedere scusa) del “avevo bevuto troppo”, che se valesse come causa di giustificazione conferirebbe l’immunità a migliaia di cittadini all'ora dell'aperitivo.
Perché i razzisti sono vigliacchi, se stanati piagnucolano e invocano quella pietà di cui sono incapaci.
Per questo una buona strada per metterli a tacere è denunciarli e pretendere il risarcimento dei danni.
E di danni all’isola, e a tutti noi, i razzisti ne fanno tanti, inquinano e contaminano pericolosamente la nostra faticosa democrazia.
E che non osino più usare la nostra tragedia cittadina per seminare odio. Genova, come stava scritto in uno striscione al primo dolente anniversario del crollo del Ponte “è ferita ma non è stupida”. Ed è, sempre, antirazzista .
da Repubblica Genova del 18 agosto 2019