Capita sempre più spesso, quando ci salutiamo tra amici, di esortarci vicendevolmente alla resistenza. "Resisti" ci diciamo accomiatandoci. Va detto che i miei amici sono quasi tutti "attivisti", almeno se, con questa parola, si intende definire chi si impegna minimamente ad ottemperare a quel dovere, peraltro inderogabile, di "solidarietà politica, economica e sociale" imposto dalla nostra Costituzione. Quindi quel "resisti" è un augurio oltre che un invito.

Un mio lontano cugino alcuni anni fa, dopo aver sperimentato qualche improbabile tecnica di rilassamento ha provato ad insegnarmela. Consapevole della deprimente impotenza che si accumula dopo giornate in studio, avendolo per qualche tempo lui stesso frequentato come mio praticante, mi suggerì di ripetere ad alta voce, prima di dormire, un numero di volte che non riesco a ricordare ma certamente dispari, la frase assolutoria: non è colpa mia.

Niente di personale. Scrivo a Lei solo per vicinanza ed esclusivamente territoriale. Anche se, a ripensarci, in realtà, c'è anche un'altra ragione.

Quella domenica sera di metà giugno durante la quale è cambiato il colore della nostra città,  ci trovavamo, con Paola e Claudio Regeni, ad un incontro pubblico organizzato dagli amici di Music For Peace, insieme all'instancabile Presidente della FNSI Beppe Giulietti, in uno dei quartieri genovesi operai e operosi  dove Lei ha ottenuto più voti.

"Non dobbiamo più continuare a camminare in avanti con lo sguardo rivolto all'indietro", leggo questa e le altre dichiarazioni (alcune delle quali condivisibili seppure tardive) del capo della polizia Gabrielli in relazione alla"catastrofe" del G8 di Genova  e mi vengono in mente le parole di una vittima, di altra violenza ed altri tempi : "è come avere dentro un elastico: si va avanti, si cresce, si invecchia. Ma non si è interi. Qualcosa di importante di sè è fermo a quei fatti." (Agnese Moro).

C'è una poesia bellissima di Wislawa Szymborska che s'intitola e parla di "Torture". Racconta di questa abominevole partica antica e del corpo al quale viene inflitta che prova dolore e non trova riparo perchè inesorabilmente c'è mentre l'anima si aliena da sè: "Tra questi paesaggi l’anima vaga, sparisce, ritorna, si avvicina, si allontana, a se stessa estranea, inafferrabile, ora certa, ora incerta della propria esistenza, mentre il corpo c’è, e c’è, e c’è e non trova riparo."